Se a invocare la pace è chi ha vissuto la guerra

image“Guerra e violenza hanno il linguaggio della morte”. Lo ha detto Papa Francesco in piazza San Pietro durante la veglia di preghiera contro la guerra in Siria. Lo sanno bene gli ospiti del Centro d’accoglienza S.Anna, che la guerra l’hanno vissuta sulla propria pelle e da quella guerra sono fuggiti cercando riparo nella nostra terra. Anche loro questa sera si sono riuniti insieme, cattolici e musulmani, per invocare la pace. Ognuno nella propria lingua. Ognuno con il proprio credo. Perché la pace non ha colore, razza o religione. La pace batte nel cuore di chi la morte negli occhi. Quel cuore che simbolicamente afghani, pakistani, nigeriani, palestinesi, eritrei, irakeni e fra loro anche un siriano, hanno ricreato tenendosi per mano anche con gli operatori delle Misericordie (ente gestore del Centro) nella sala tv della struttura per immigrati più grande d’Europa, dove ogni giorno si vive il dramma di chi “quella sconfitta per l’umanità” come l’ha definita il Papa, la conosce bene. Canti spontanei in lingua inglese, preghiere in arabo e in italiano hanno unito tutti, anche i bambini, creando un’atmosfera di raccoglimento, ricco di emozioni. Sentimenti comuni, che arricchiscono quella convivenza apparentemente difficile tra mondi lontani, ma che trovano nel dolore il comune denominatore della speranza: quella pace tanto ricercata e ora invocata più che mai da tutto il mondo. Eppure in quel piccolo angolo del crotonese, ogni giorno si prega, ogni giorno si spera, ogni giorno decine di persone si muovono, ognuno con un compito diverso ma ben preciso: ridare dignità a chi l’ha persa. Ma questo passa purtroppo in secondo piano.

(Da ufficio stampa Cara Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto)

La dignità costa 8000 euro per un consigliere regionale della Calabria

Francescantonio Stillitani sembra una mosca bianca. Il consigliere regionale della Calabria ha lasciato l’incarico perché trova ingiusto gravare sulle tasche dei cittadini calabresi se non si opera attività politica. Le sue sono dimissioni scioccanti perché non siamo abituati a sussulti di questo tipo. Quanto costa la dignità? Ottomila euro. Tanti ne percepisce un consigliere regionale, sia che lavori per la propria regione sia che si rigiri i pollici o spenda e spanda i soldi dei poveri (mai termine fu più azzeccato) cittadini. “Non sono più motivato a fare attività politica, mi trovo a disagio in un mondo dove ormai spesso si opera e si fanno scelte dettate da interesse di parte e personale e si privilegia l’appartenenza e la clientela rispetto alle capacità, un ambiente in cui prevalentemente si vota e si appoggia un uomo politico non perché se ne condividono le idee e le attività, ma perché si spera di ottenere qualche vantaggio e questo a discapito della Calabria e dell’Italia in generale”. La fotografia tracciata dall’ex consigliere regionale, che già nel gennaio scorso aveva abbandonato il suo partito (Udc), è nitida e sconfortante. Chi frequenta, anche per poco tempo, palazzo Campanella si accorge che nulla di quanto Stillitani dice è inventato. In questi anni abbiamo visto proposte di legge fotocopia, la finta riduzione delle retribuzioni per i collaboratori che altro non si è tramutato se non in uno sdoppiamento degli incarichi (a chiamata dei consiglieri) a metà stipendio e dunque, di fatto, in un raddoppio del rischio clientelismo. “In questo momento -prosegue Stillitani nella comunicazione delle sue dimissioni- ricevo come indennità di consigliere regionale circa 8.000 euro netti al mese, e godo di tanti altri privilegi pur non svolgendo nessuna attività politica- amministrativa utile per il territorio. Ritengo questo ingiusto, tanto nei confronti dei calabresi su cui grava il mio costo, quanto nei confronti degli elettori che mi hanno votato, perché non tutelo e non rappresento più il mio territorio”. Nel frattempo, il consiglio regionale ha perso l’occasione di fare bella figura. Quasi in massa hanno bocciato senza indugio la richiesta di referendum presentata dal Movimento 5 Stelle per rendere immediatamente esecutiva l’abolizione del vitalizio. Solo in quattro si erano dichiarati favorevoli. Perché aspettare la prossima consiliatura se siete animati da cotanto spirito positivo per la vostra terra? Le posizioni sono tra le più stravaganti: qualche vedova potrebbe essere messa in difficoltà togliendole il mensile oppure chissà quanti ricorsi affollerebbero gli uffici della giustizia amministrativa. Meglio far rimanere le cose come stanno. S’arrangino i prossimi consiglieri. La figura è quasi peggiore di quando il consiglio regionale ha gonfiato i dati statistici della Calabria per non ridurre troppo il numero dei rappresentanti. Tagliare si, ma senza esagerare insomma! Non vale la pena spendere nemmeno un comunicato stampa sull’argomento. Meglio un bel commento sulla nuova legge sulla dieta mediterranea, che introduce stili di vita e alimentazione corretta. Mia nonna esclamerebbe: basta ca c’è a salute!

Cadono pezzi a San Marco Argentano

Nel 2009 l’avevo vista nascere, e avevo partecipato anche io a quel parto sofferto come non mai. Oggi l’ho vista morire, prematura. Da tempo ormai mi ero distaccata dalla vita politica di San Marco (intendo San Marco Argentano in provincia di Cosenza, il mio comune di origine) tuttavia un orecchio, un poco per curiosità e un poco perché non ti stacchi mai dal posto dove sei cresciuta, lo tendevo sempre per cercare di capire cosa succedeva.
Dalla delusione per non avere avuto la possibilità di proseguire quel cammino, in cui pure io avevo creduto molto, sono guarita presto. Anzi, meno male -penso col senno di poi- perché altrimenti non avrei avuto le stesse gratificazioni professionali che invece ho conquistato lavorando, purtroppo, fuori provincia.
Però oggi mi è dispiaciuto tantissimo vedere capitolare l’amministrazione comunale. Ho provato un tuffo al cuore quando sono stati raggiunti i nove voti favorevoli che hanno spedito a casa il consiglio. San Marco non lo meritava. Non rinnego il mio convincimento di quella esperienza del 2009, con una campagna elettorale difficile ma esaltante. Siamo riusciti comunque a conquistare il principio che anche le rocce hanno un punto debole, che nulla è eterno, che se un politico fa promesse che non può mantenere arriva il momento in cui gli elettori gli chiedono il conto, che la speranza e l’entusiasmo riescono a unire le persone più diverse. Peccato che poi queste differenze emergono e i personalismi distruggono tutto quello che si è creato o si poteva far nascere.
Non partecipavo a un consiglio comunale da quattro anni. Non me lo ricordavo quasi più che a San Marco i consiglieri non si rivolgono solo ai colleghi quanto piuttosto parlano al pubblico come se tenessero un comizio, chiamano gli amici per nome, interagiscono con chi dal fondo della sala commenta gli interventi. Scontato dire che usano il tu sebbene sarebbe il caso, in una riunione istituzionale, usare il lei e chiamano tutti amici pure se si scannano. Ma solo politicamente, con tutto il rispetto per la persona, sottolineano. È lecito, e fanno bene a precisare. Non ascoltavo più da tempo le frasi lasciate a metà, i discorsi senza senso che “ma cosa avrà voluto dire?”. Eppure continuo a volere bene a San Marco, il “mio” paese. Quando lo pronuncio, quell’aggettivo possessivo lo sento forte, sincero. Vorrei che nella prossima legislatura sedessero in consiglio dieci valorosi, che sappiano rendersi comprensibili ai cittadini (dopotutto basta poco, semplicemente pronunciare una frase di senso compiuto) e risolvere i problemi della comunità che sono chiamati ad amministrare, che abbiano idee nuove per rilanciare San Marco dal punto di vista economico, turistico e culturale. Le nostre vere risorse rimaste inutilizzate da sempre. Spero che il mio paesello torni a pulsare di sangue caldo e a illuminarsi delle sinapsi del cervello dei più bravi. Spero che San Marco torni a vivere.